Meloni, cosa farà dopo la sconfitta alle Regionali? Il ruolo di Arianna, il focus sul Veneto, la ripartenza dai territori

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I candidati, il rapporto con il territorio, il volantinaggio e i comizi di città in borgo, le liti fra alleati e la sottovalutazione degli avversari. Qualcosa deve essersi inceppato in Umbria, se è vero che alla vigilia tutti, a cominciare da Giorgia Meloni, credevano fosse possibile strappare un'altra volta l'ex roccaforte rossa, riconsegnarla nelle mani della bis-candidata Donatella Tesei.

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Di un soffio invece ha vinto il "campo largo" modello Assisi di Stefania Proietti. Perché? A imporre un esame di coscienza ieri è stata proprio la premier da Rio, all'ultimo giorno del G20 in Brasile. Qualcosa non ha funzionato, «dovremo capire cosa» è il messaggio consegnato dall'altra parte dell'Oceano. Già recepito dai suoi colonnelli a via della Scrofa, quartier generale del partito leader al governo. Già, perché i numeri umbri calano un'ombra in volto anche alla corazzata meloniana fin qui uscita indenne o rafforzata dai test sui territori. In Umbria un primo campanello d'allarme: consensi fermi sotto il 20 per cento, in netto calo rispetto al 32 per cento delle Europee in Regione (ma il paragone, lo sanno gli addetti ai lavori, regge fino a un certo punto) seppur in aumento se confrontato alle ultime Regionali. Interrogati, i vertici del partito fanno un po' spallucce. E il jingle suona così: Tesei era una candidata leghista, su cui ha insistito molto, troppo Salvini, non era fin da subito un nome adatto a sbaragliare il campo largo e francescano.

IL NUOVO CORSO

Non basta però a chiudere il caso. Sicché la corsa ai ripari è già iniziata. Lezione numero uno, spiega un big meloniano: «Dobbiamo essere più presenti sui territori». Non solo sotto elezioni, quando puntuale inizia la passerella di leader da Roma e si allestiscono maxi-palchi per tentare la spallata finale al comizio di chiusura. Nel day by day, "in tempo ordinario", come a messa durante l'anno, bisogna fare di più. È questa una consapevolezza che da tempo ha preso a farsi strada ai piani alti di un partito, FdI, che ha ormai le spalle larghe ma deve ancora rafforzare le gambe su cui cammina. Complice una crescita rapida, fulminea dei consensi che l'hanno catapultato dalle riunioni militanti fra le mura in pietra di Colle Oppio, a Roma, ad aprire sezioni e montare stand in tutte le Regioni italiane. Un partito strutturato, sì, ma che ancora non ha una rete locale all'altezza di chi veleggia quasi al 30 per cento.

Successe anche alla Lega, dopo i fasti di Salvini al governo con i Cinque Stelle e il boom alle Europee: l'assenza di strutture, circoli, sezioni e coordinamenti nel Centro-Sud ha giocato un ruolo chiave nella fuga di consensi. Ed è la grande zavorra dei Cinque Stelle, movimento uscito ancora una volta ridimensionato dal voto regionale. Che fare dunque? Sì viaggiare, cantava Lucio Battisti, la voce più amata dalla destra made in Roma. Lo fa da tempo, e lo farà ancora di più, Arianna Meloni, sorella della premier da un anno a capo della segreteria politica e dei tesseramenti (altro nodo: sono in calo rispetto all'anno scorso), sempre più Cassazione nel partito co-amministrato insieme a Giovanni Donzelli. Occhi puntati ora su Atreju, la tradizionale kermesse del partito meloniano quest'anno pronta a un salto di ambizione: stand e tendoni occuperanno l'immensa distesa del Circo Massimo. Nella speranza che militanti e curiosi facciano altrettanto. E chissà che non sia l'occasione per ritrovare lo spirito di spogliatoio, dal movimento giovanile in su, e fare ammenda sull'inciampo umbro.
Poi la scelta dei candidati, questa sì, riflettono in FdI, va rivista. La logica del "lotto" fra alleati non ha pagato del tutto. Con le imposizioni dei "Fratelli" su Truzzu in Sardegna e di Salvini su Tesei in Umbria le cose non sono andate come previsto.

Mentre l'insistenza questa sì personale di Meloni sul sindaco di Genova Marco Bucci ha premiato in Liguria, Regione strappata smentendo i pronostici della vigilia. Lega avvisata per il Veneto, la vera grande battaglia del 2025 che ha addosso i riflettori del centrodestra. Ma lo stesso potrebbe dire il Carroccio, sparigliando, in Campania, dove FdI è determinata a lanciare la candidatura di Edmondo Cirielli, nome forte del partito e del cerchio magico della premier. Di certo qualcosa, Meloni dixit, dovrà essere rivisto.

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